5G: le evidenze non si trovano perché non si cercano

Una carissima nostra lettrice (specializzata in ICT Information and Communications Technology), ci invia questo commento, scritto da lei, in risposta ad un articolo di Marco Bella “5G non ci sono evidenze che causi tumori pubblicato sul Fatto Quotidiano. Era il 2 maggio 2020.  Già allora c’era la possibilità di intraprendere degli studi e pensate quanto tempo hanno avuto da allora fino ad oggi per poterli approfondire… ( ilfattoquotidiano.it ).

È chiara la frattura tra la popolazione e la politica ormai prona agli interessi economici e speculativi. Speravamo nel movimento che si faceva portavoce dei cittadini, evidentemente ci siamo sbagliati. Mi riferisco all’articolo di Marco Bella del 2 maggio 2020 dal titolo “5G non ci sono evidenze che causino tumori”: tralasciando la supponenza di certe espressioni, come “erezioni”, non ben specificate

e del giudizio sulla manifesta ignoranza dei lettori, vorrei specificare alcuni fatti importanti in quanto l’articolo era pieno di inesattezze e link inappropriati. Analizzando razionalmente il problema del 5G, noi sappiamo che la Vita sul nostro pianeta dipende anche dalla qualità dell’aria. Non avrei voluto cominciare così, ma d’altronde il suo articolo parte da questo, dai rami che ci possono cadere sulla testa. Se per caso qualcuno sta pensando di sacrificare gli alberi perché d’intralcio alle connessioni tra le innumerevoli antenne che vi state apprestando a mettere su tutto il territorio italiano, sappiate che state commettendo un crimine contro l’umanità, le antenne si possono installare o smontare in un giorno, gli alberi hanno bisogno di decenni e decenni per crescere. Mi chiedo se sia stata fatta un’analisi dei rischi e dei benefici su questa tecnologia ad ampio spettro, anche a livello ecologico e ambientale. Non credo proprio, visto l’invasione di campo dirompente e senza contraddittorio.

Dal punto di vista chimico-biologico, se uno leggesse lo studio dell’Istituto Ramazzini con mente aperta e con un po’ di onestà intellettuale, saprebbe che lo studio è stato fatto sottoponendo i topi alla frequenza di 1,8 GHz di un’antenna radio-base di cellulari e sono state individuate delle iperplasie che non sono classificabili come tumori, ma ne sono l’anticamera.

Quello che è stato dimostrato, però, è che 3 topi su 2448 hanno sviluppato una forma rara di tumore al cuore, secondo Marco Bella del tutto trascurabile. Ma cosa succederebbe se quei miseri 3 topi fossero traslati a tutta la popolazione italiana? Con una semplice proporzione il numero dei tumori potrebbe essere 73.529, adesso cambia la prospettiva, vero? E cosa accadrebbe se invece di 1,8 GHz la sperimentazione si facesse con 27 GHz, o con addirittura con le frequenze millimetriche? Sì, millimetriche caro Bella, perché credo che Lei sappia benissimo che da 30 a 300 GHz le onde sono millimetriche e che al 5G sono state assegnate le frequenze di 34 e 68 GHz, che non saranno utilizzate fin da subito, ma in programma ci sono anche queste.

È semplice, cosa succederebbe con queste frequenze non lo sappiamo, perché non c’è uno studio sugli animali che ha sperimentato queste frequenze prima di progettare questa tecnologia e utilizzarla a livello mondiale. Questo si chiama principio di precauzione, sincerarsi dell’innocuità di una tecnologia prima di implementarla, ripeto, prima. Quante volte abbiamo visto nella storia del nostro paese e non solo uscire degli studi postumi che ci dicono: “Ops, ci siamo sbagliati! Vabbè andiamo avanti e ripristiniamo tutto quello che abbiamo fatto”, come è successo per i PVC, amianto, formaldeide e tricloroetilene, tanto per fare qualche esempio con tutti i rischi connessi alla salute, ai danni ambientali, alla fatica e ai soldi pubblici utilizzati per poi recuperare l’infausto. Scusate se non ci fidiamo, ma siamo stanchi, siamo stanchi di essere presi in giro e di pagare per degli errori che potevano essere evitati. Prevenire è meglio che curare, chi inquina paga, sono slogan da campagna elettorale che abbiamo sentito e risentito, ma che sono stati sempre, e dico sempre, disattesi.

Ma come al solito una mezza verità, unita con un po’ di insulti fanno sempre presa, ormai la tecnica comunicativa l’abbiamo capita, screditare davanti alle evidenze l’interlocutore. Torniamo alle inesattezze dell’articolo, si cita lo studio del National Toxicology Program, ma non sì linka lo studio stesso, sarebbe troppo onesto, si cita la sua critica; preciso che NTP è un ente che fa ricerca con soldi pubblici, quindi libero da conflitti d’interesse, come del resto l’Istituto Ramazzini, che è una Onlus, ma per rimanere libero da influenze di sorta così si autofinanzia con donazioni volontarie, di tutto rispetto quindi.

Questo studio sottopone i topi alle radiazioni elettromagnetiche di telefoni cellulari 2G e 3G, nelle frequenze tra 700 e 2700 MHz, quindi del tutto simili alle frequenze delle bande più basse del 5G, questo elaborato oltre ad aver confermato i risultati dell’Istituto Ramazzini su cuore e cervello, ha avuto la possibilità finanziaria anche di indagare i danni a tutti gli altri organi. Lo studio, con il commento dell’Istituto metto a disposizione in fondo l’articolo, cita testualmente: “Gli scienziati della NTP hanno scoperto che l’esposizione alla RFR (leggi radiofrequenze) era associata ad un incremento del danno del DNA. Nello specifico hanno scoperto che l’esposizione a RFR era collegata ad aumenti significativi del danno al DNA nella corteccia frontale, nelle cellule del sangue e nell’ippocampo”. L’affermazione che non sono radiazioni ionizzanti, che quindi non intaccano il DNA, sprofonda nel ridicolo, se leggiamo lo studio, perché anche queste radiofrequenze danneggiano il DNA. Ma, se leggiamo con attenzione il NTP ci dice anche altre cose interessanti: sono auspicate altre ricerche in proposito per confermare questi risultati e che sono in programma degli studi a breve termine, nei quali invece di cercare i tumori già formati, si cercheranno i biomarcatori di danno da esposizione a RFR, quindi non bisognerà aspettare anni, per studiare le radiazioni da 5G, ma potrebbero essere necessari tempi assai più brevi.

È perfettamente legittimo, quindi, che la popolazione chieda una sperimentazione attendibile sugli animali della tecnologia 5G, prima di farci invadere le nostre vite da una tecnologia di cui sappiamo ben poco sulle possibili ripercussioni sulla salute e sull’ambiente come ecosistema.

Ma quello che si chiedono in molti è: dov’è lo Stato? Dove sono gli organi preposti alla tutela della salute pubblica o all’ambiente? Chi veramente conosce l’argomento ed è libero da interessi di sorta, è preoccupato per la sovrapposizione di 2G, 3G, 4G, 5G, comunicazioni radio militari, antenne TV, comunicazioni radio amatoriali…; Come potete vedere l’elettrosmog è una questione reale e non da poco.

Non ci tranquillizza la proposta di togliere il 2G e il 3G, perché la sperimentazione sugli animali deve essere fatta su tutte le restanti onde elettromagnetiche combinate nella loro multifattorialità. Io ho fatto una tesi sui sistemi IOT per il monitoraggio dell’inquinamento ambientale, io so benissimo la portata incredibile di questa tecnologia, ma la tecnologia legata all’IOT è già funzionante con il 4G, il 3G e le onde LoraWan. L’Industria 4.0 e tutto il mondo collegato al cloud computing, al networking, all’automazione delle produzioni non riusciamo a implementarle con la banda ultra larga con fibra ottica? Abbiamo veramente bisogno del 5G? E se sì, con quali precauzioni ambientali e strutturali? Tutto questo ci è negato, il dibattito sta a zero, dobbiamo prenderci per buono tutto quello che state facendo, ma vi state prendendo una responsabilità che non vi possiamo lasciare.

Il 5G sarà necessario quando l’IOT invaderà le nostre case, allora i 5-6 device collegati alla rete in ogni casa già ora, potranno diventare 20 o 30: frigorifero, caldaia, finestre, porte, telecamere, lavatrice, fornello, computer, cellulari e chi più ne ha più ne metta! Siamo sicuri di voler barattare la nostra salute con un frigorifero che ci ordina al posto nostro il latte o che la lavatrice dialoghi con il tecnico da remoto?

Sappiate che, se non verrà rispettato il principio di precauzione, non ci rappresenterete più. Non ci illudiamo, sappiamo come andrà a finire, sappiamo che Elon Musk sta vomitando 11.000 e rotti satelliti nel nostro cielo, sappiamo che i nostri figli e i nostri nipoti faranno fatica a distinguere un satellite da una stella e quella volta celeste che nel passato inspirò civiltà antiche, mistici, scrittori, poeti, astronomi, fisici e matematici e tutti noi quando cerchiamo il collegamento con l’infinito, domani potrebbe più non esserci.

Non arrendiamoci allo status quo, per favore.