Il long covid all’ospedale

“Vada via! Lei non può stare qui!”. Faccio un passo per salutare mia madre che si ricovera in ospedale a seguito di una frattura scomposta e… “vada via! C’è il covid!”. Vengo allontanata dall’infermiera urlante in malo modo senza che mi vengano date indicazioni sull’organizzazione del reparto di degenza. A quel punto in modo scocciato chiedo come fare per avere notizie di mia mamma e per andarla a trovare: mi rispondono dicendo di chiamare la mattina al numero di telefono che c’è sulla porta d’ingresso e che avrei avuto dalla caposala tutte le informazioni. L’indomani mattina la caposala mi riferisce che è possibile far visita agli ammalati solo un familiare al giorno per un’ora con green pass da terza dose oppure con tampone effettuato entro le 48 ore precedenti, stessa modalità anche nel giorno dell’intervento, e che avrei potuto avere notizie solo telefonicamente dal medico di reparto. All’interno dell’ospedale per i visitatori non vi era nemmeno la possibilità di usufruire dei servizi igienici perché chiusi a chiave sempre per causa covid.

Durante la visita ospedaliera mia mamma mi ha riferito di essersi sentita abbandonata e sola, il personale si recava da lei per soddisfare i suoi bisogni ma in modo veloce e fugace; quello che è mancato a mia mamma è stato poter parlare con qualcuno e trascorrere il tempo in modo più sereno e poter esprimere i propri timori e paure di quello che avrebbe dovuto affrontare durante la degenza e dopo. Forse qualcuno può pensare che questo sia successo a marzo del 2020 in piena emergenza sanitaria, invece no è successo ad aprile 2022 ben due anni dopo quando ormai il covid dovrebbe essere affrontato diversamente. Come familiare visitatore di un ammalato in ospedale ho provato sentimenti di smarrimento, insicurezza e rabbia e questo mi ha fatto nascere delle riflessioni e domande. Infatti non riesco a capire come mai tutta questa attenzione alla vaccinazione, al tampone, alla mascherina, ai guanti e al camice da indossare per entrare in ospedale se poi l’accesso mi viene limitato soltanto a un’ora; forse tutte queste attenzioni non servono, o forse sono del tutto inutili? Perché il personale vaccinato del volontariato può intrattenersi con i pazienti e un familiare solo a scadenza? Dov’è finito l’aspetto umano, l’accoglienza dei pazienti e della famiglia affinché anche l’aspetto psicologico, emotivo e sociale sia punto di forza e non di ostacolo per la guarigione e il rientro al domicilio? Forse non era tutto perfetto neanche prima del covid, ma se per risalire prima bisogna toccare il fondo, in futuro potremo solo migliorare.

Testimonianza di A.